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RASSEGNA DI STUDI PSICHIATRICI

FONDATA DA ANTONIO D'ORMEA

Direttore: L. D'ARGENIO

Vol. LXXXIII - Fasc. n. 2 - Anno 1994 - Pagine 129-136


Regione Puglia
Unità Sanitaria Locale LE/1
Presidio Ospedaliero Psichiatrico "G. Libertini"
3º Reparto Uomini
Responsabile: Dott. A. Mazzeo

IL DISTURBO ORGANICO DI PERSONALITÀ: RISPOSTA TERAPEUTICA ALLA VALPROMIDE E ALL'AC. VALPROICO

Andrea Mazzeo* Antonia Occhilupo*

*Risp. Aiuto ed Assistente del 3º Rep. Uomini del P.O. Psichiatrico "G.Libertini" di Lecce.
Il lavoro spetta agli autori in parti uguali.


Introduzione

Il Disturbo Organico di Personalità (D.O.P.) è caratterizzato dalla presenza di un peculiare quadro clinico che viene così definito dal DSM-R: "... è un persistente disturbo di personalità che si può manifestare lungo tutto l'arco della vita... e che è dovuto ad un fattore organico specifico" (A.P.A., 1987); questo quadro clinico costituisce la Sindrome Organica di Personalità (S.O.P). Sintomi comuni della S.O.P. sono, secondo lo stesso manuale, "instabilità affettiva, ricorrenti scoppi di aggressività o di collera, marcata compromissione della capacità critica di giudizio, marcata apatia e indifferenza, sospettosità e ideazione paranoide".

Il decorso della S.O.P. può essere acuto, conseguenza dell'uso di una sostanza psicoattiva, oppure cronico se è secondario ad una lesione cerebrale.

I criteri diagnostici della S.O.P. vengono così indicati:

A) Un disturbo persistente di personalità che si manifesta lungo tutto l'arco della vita, o che rappresenta una modificazione o un'accentuazione di un precedente tratto caratterologico, e che implica almeno uno dei seguenti elementi:
     1. instabilità affettiva, p.e. notevoli sbalzi dell'umore, dalla normalità alla depressione, irritabilità, ansietà;
     2. ricorrenti scoppi di aggressività o di collera, che sono grossolanamente sproporzionati rispetto a qualunque stress psico-sociale precipitante;
     3. marcata compromissione del giudizio sociale, p.e. atti sessuali sconvenienti;
     4. apatia e indifferenza marcate;
     5. sospettosità o ideazione paranoide.

B) Dimostrazione di un fattore (o fattori) organico specifico, etiologicamente correlato al disturbo, fondata sull'anamnesi, sull'esame clinico o sugli esami di laboratorio.

C) Non si verifica esclusivamente in corso di Deliriurn, e non soddisfa i criteri diagnostici per la Demenza.


Scopo del lavoro

Lo studio che qui presentiamo si propone di rivedere la vecchia diagnosi di "Turbe comportamentali in oligofrenico", sostituendola con quella di "Disturbo Organico di Personalità" secondo il DSM-III-R, codice 310.10 (A.PA., 1987), che nei casi da noi esaminati ci è sembrata più rispondente alla realtà clinica osservata, e ciò sulla scorta di due distinti elementi.

Difatti, di fronte a pazienti portatori di un Ritardo Mentale, con comportamento caratterizzato da impulsività, ricorrenti episodi di aggressività, instabilità affettiva con sbalzi di umore (tutti sintomi che non rappresentano un momento trasversale della vita dei pazienti ma che si protraggono ininterrottamente per tutta la loro esistenza) diviene problematico l'inquadramento diagnostico. Insoddisfacenti risultano sia la diagnosi di Disturbo della Condotta che quella di Disturbo del Controllo degli Impulsi; sembra essere più aderente al quadro clinico osservato, come già detto, la diagnosi di Disturbo Organico di Personalità, intesa come un quadro clinico che interessa longitudinalmente un lungo arco di tempo della vita del paziente, se non tutta la sua esistenza. Con l'osservazione longitudinale la diagnosi si fa "diagnosis" cioè conoscenza attraverso il tempo del paziente.

Così inquadrato, il D.O.P. andrebbe associato ad un disturbo in asse III; questo è risultato possibile solo in alcuni dei casi studiati, negli altri lo si deve ritenere associato alla probabile cerebropatia che sottende il Ritardo Mentale.

Il secondo elemento che ci ha portato ad operare la revisione diagnostica è rappresentato dalla risposta terapeutica positiva ad un farmaco che non interviene direttamente sui sistemi delle monoanime, la valpromide (in alcuni casi l'ac. valproico), più che ai classici neurolettici.

In letteratura sono riportati alcuni lavori sulla efficacia della valpromide nei disturbi comportamentali dei cerebropatici (Lambert et al., 1966; Giovanardi Rossi et al., 1973; Lambert e Venaud, 1987). La nostra ipotesi è che la valpromide risulti efficace in questi casi proprio perché la sintomatologia comportamentale non rappresenta una patologia che interessa trasversalmente un momento della vita del paziente (per la quale sarebbe sufficiente un ciclo con farmaci sedativi, neurolettici o benzodiazepine), ma si tratta di un disturbo persistente della personalità, condizionato da una lesione cerebrale, e che si manifesta pertanto lungo tutto l'arco della vita.

Il trattamento di questa sindrome dovrebbe protrarsi ininterrottamente per tutta la vita; nei casi da noi studiati i neurolettici erano effettivamente assunti da decenni, con risultati però incostanti e con numerosi effetti collaterali. L'introduzione in terapia della valpromide e, nel caso di pazienti che non ingerivano le capsule, di ac. valproico in soluzione, ci ha consentito di osservare il miglioramento clinico che non si realizzava da decenni, con la riduzione e/o la scomparsa della irritabilità comportamentale, della impulsività, degli episodi di aggressività etero ed autodiretta, degli sbalzi di umore.

Parallelamente al miglioramento clinico ottenuto è stato possibile ridurre e/o sospendere la terapia neurolettica.


Materiale e metodi

Presentiamo 9 casi clinici di pazienti cerebropatici lungamente istituzionalizzati, considerati "difficili", a causa dei rilevanti disturbi comportamentali, e "resistenti" alle diverse terapie sedative con neurolettici e/o benzodiazepine praticate nel corso della lungodegenza ospedaliera.

Per ogni caso abbiamo operato una valutazione multiassiale secondo il DSM-III-R, in modo da ottenere il maggior numero di informazioni cliniche. L'efficacia della terapia è stata valutata mediante la scala VGF, allegata al manuale, somministrata prima della terapia con valpromide e/o ac. valproico e dopo 6 mesi di trattamento.

Il campione è rappresentato da pazienti di sesso maschile, di età media di 55,6 anni (33-69 anni) affetti tutti da Ritardo Mentale, da Moderato a Grave-Gravissimo, e con turbe comportamentali frequenti.

La durata media di degenza risulta di 20,5 anni, e va da un minimo di 8 anni ad un massimo di 37 anni.


Casi clinici

Caso n. 1: A.V., 33 anni, diagnosi iniziale di "Turbe comportamentali in oligofrenico di alto grado". Di questo caso abbiamo già riferito altrove (Mazzeo e Occhilupo, 1992, 1993) riportando la mancata risposta terapeutica a diversi tipi di farmaci. Ha praticato la valpromide alla posologia di 900 mg tid in due consecutivi periodi, dapprima per 30 giorni e successivamente per 2 mesi, in associazione con altri farmaci (neurolettici, benzodiazepine, pindololo, carbamazepina) con risultati temporanei e comunque molto scarsi. È stato effettuato quindi un terzo ciclo con valpromide alla posologia di 1.800 mg tid, in associazione a neurolettici, osservando una modica riduzione degli impulsi aggressivi ed una maggiore sintonia all'ambiente.

La diagnosi da noi posta è la seguente: Asse 1: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Grave, Disturbo Autistico; Asse III: Idrocefalo moderato; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 10, VGF attuale = 15.

Caso n. 2: L.S., 52 anni, diagnosi iniziale di "Oligofrenia a carattere epilettico"; non ha mai presentato crisi epilettiche. Abbiamo osservato un quadro clinico di grave deficit cognitivo ed un comportamento grossolanamente disturbato, con irrequietezza, impulsività, a volte aggressività; nel corso della lunga degenza ha praticato varie terapie neurolettiche con risultati incostanti e gravi effetti collaterali (crisi neurodislettiche). Ha iniziato la valpromide alla posologia di 900 mg tid, in associazione al diazepam e si è osservata la completa scomparsa del comportamento disturbante. Successivamente ha presentato un franco episodio di eccitamento, che ha richiesto l'associazione di carbamazepina (600 mg tid) e la sostituzione della valpromide con ac. valproico (1.500 mg tid) ottenendo così la remissione dell'eccitamento. Prosegue il trattamento con questi due farmaci e si nota la quasi completa normalizzazione comportamentale.

Diagnosi: Asse I: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Grave; Asse III: nessuna diagnosi; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 15, VGF attuale = 25.

Caso n. 3: R.M., 50 anni, diagnosi iniziale di "Stato di eccitamento psichico in oligofrenico di medio grado". Ha praticato vari trattamenti con neurolettici e benzodiazepine ma senza particolari benefici, mantenendo sempre un comportamento caratterizzato da impulsività, aggressività, ecc. Lo abbiamo trattato coli valpromide (900 mg tid) associata ad aloperidolo decanoato (50 mg/21 gg, im). Dopo alcuni mesi il comportamento è migliorato consentendoci la riduzione e poi la sospensione del neurolettico; non sono più comparsi i comportamenti disturbanti che rendevano necessaria la contenzione fisica e la somministrazione di neurolettici ad alte dosi.

Diagnosi: Asse I: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Moderato; Asse III: Insufficienza vertebro-basilare; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 35, VGF attuale = 50.

Caso n. 4: S.L., 67 anni, diagnosi iniziale di "Turbe comportamentali in oligofrenico di alto grado". Il comportamento da noi osservato è disordinato, con iperattività afinalistica, ma senza manifestazioni di aggressività; diviene reattivo e clamoroso sul piano verbale quando viene limitato nella sua iperattività. Inizia la valpromide (900 mg tid), ma la scarsa risposta ci porta ad associare l'aloperidolo decanoato; dopo alcuni mesi compare un quadro parkinsoniano acineto-ipertonico, che ci induce a sospendere il neurolettico. Il quadro parkinsoniano non si risolve, rendendo necessaria la terapia con L-Dopa+benserazide. Si osserva la normalizzazione comportamentale.

Diagnosi: Asse I: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Grave; Asse III: Diabete mellito, Sindrome parkinsoniana; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 10, VGF attuale = 20.

Caso n. 5: Z.B., 38 anni, diagnosi iniziale di "Turbe comportamentali in oligofrenico di medio grado". Trattato continuativamente con neurolettici, ha presentato una risposta incostante, con ripetuti episodi di aggressività sia etero che autodiretta (si graffia, picchia il capo contro il muro o contro il radiatore procurandosi ferite cutanee, aggredisce altri ricoverati graffiandoli e mordendoli). Un primo ciclo con valpromide (900 mg tid) associata ad aloperidolo decaonato (100 mg/21 gg im) non diede risultati positivi per cui si passò ad altri farmaci. Persistendo i comportamenti aggressivi si è reintrodotta in terapia la valpromide alla posologia dii 800 mg tid, in associazione, osservando la riduzione degli episodi di aggressività in reparto e soprattutto una minore reattività. L'aggressività si è purtroppo spostata fuori del reparto.

Diagnosi: Asse I: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Moderato; Asse III: Sindrome extrapiramidale; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 30, VGF attuale = 35.

Caso n. 6: R.G., 61 anni, diagnosi iniziale di "Frenastenia di alto grado". In reparto spesso aggressivo ed impulsivo, ha praticato vari neurolettici e benzodiazepine in monoterapia o in associazione, ma con scarsa risposta terapeutica. Ha praticato dapprima la valpromide ma poiché non ingeriva le capsule la si à sostituita con ac. valproico (600 mg tid) in associazione ad aloperidolo decanoato; dopo alcuni mesi si è aumentato il valproato a 900 mg tid e ridotto il neurolettico, che è stato poi sospeso in seguito alla normalizzazione comportamentale.

Diagnosi: Asse I: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Grave; Asse III: nessuna diagnosi; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 15, VGF attuale = 25.

Caso n. 7: R.L., 69 anni, diagnosi iniziale di "Stato di eccitamento in frenastenia di medio grado". Ha presentato ripetuti episodi di aggressività e di violenza verso gli altri ricoverati, ed è sempre stato trattato con neurolettici e benzodiazepine. Un primo tentativo con valpromide non ha dato risultati perché il paziente non assumeva le capsule; si è quindi somministrato l'ac. valproico soluz. alla posologia di 1.200 mg tid che ha prodotto normalizzazione del comportamento con possibilità di riduzione del neurolettico long-acting, sino alla sua sospensione. Non ha più manifestato episodi di aggressività.

Diagnosi: Asse I: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Grave; Asse III: Dacriocistite recidivante, Grave riduzione visus 00, Sindrome extrapiramidale, Grave ipoacusia bilaterale; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 10, VGF attuale = 15.

Caso n. 8: S.G., 62 anni, diagnosi iniziale di "Stato di eccitamento psicomotorio in frenastenico di medio grado". Comportamento disturbante, impulsivo, ha assunto vari psicofarrnaci con risultati incostanti e gravi effetti collaterali extrapiramidali. Con il valproato soluz. (1.200 mg tid) in associazione ad aloperidolo decanoato ha presentato graduale normalizzazione comportamentale, tanto da poter sospendere il neurolettico.

Diagnosi: Asse I: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Grave; Asse III: nessuna diagnosi; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 20, VGF attuale = 30.

Caso n. 9: L.A., 60 anni, diagnosi iniziale di "Oligofrenia di alto grado". Frequenti episodi di aggressività eterodiretta, ha praticato diversi neurolettici ma con scarsi risultati. Ha iniziato il valproato alla posologia di 200 mg tid presentando una modesta riduzione degli episodi di aggressività.

Diagnosi: Asse I: Disturbo Organico di Personalità; Asse II: Ritardo Mentale Gravissimo; Asse III: Microcefalia; Asse IV: 1; Asse V: VGF iniziale = 20, VGF attuale = 25.


Discussione

Il miglioramento comportamentale è evidenziato dalla scala VGF il cui punteggio medio è aumentato dai 18,3 punti iniziali (range 10-35) ai 26,6 punti attuali (range 15-50); il miglioramento risulta quindi essere di 8,3 punti.

Abbiamo anche richiesto la collaborazione degli infermieri nella valutazione comportamentale dei pazienti in trattamento mediante l'assegnazione di un punteggio da 0 (nessun miglioramento) a 5 (miglioramento completo), riferito all'anno 1993 rispetto al 1990.

Dei 9 casi presi in considerazione, 5 hanno ricevuto un punteggio pari a 1 (miglioramento lieve), 3 sono stati valutati con punteggio 2 (miglioramento moderato) ed 1 caso ha ottenuto un punteggio 3 (buon miglioramento).

Come dati numerici possono sembrare non significativi, ma occorre considerare che la popolazione da noi trattata è rappresentata da lungodegenti manicomiali, gravemente deteriorati, che si situano ai livelli pià bassi della scala VGF; nonostante il miglioramento comportamentale, il funzionamento globale di questi pazienti rimane gravemente compromesso. Con una popolazione ambulatoriale ed utilizzando uno strumento di valutazione comportamentale più sensibile della scala VGF, si potrebbero ottenere dei dati più significativi.

In ogni caso, anche se si tratta di un elemento non obiettivabile, possiamo affermare che l'"atmosfera" generale del reparto è notevolmente migliorata da quando questi pazienti non presentano più i precedenti disturbi comportamentali.

Questo non è stato certo ottenuto soltanto con i farmaci citati ma anche, riteniamo, con una maggiore disponibilità del personale nei confronti di questi pazienti; d'altro canto quest'ultima è sopraggiunta quando i pazienti sono divenuti meno aggressivi e quindi "più avvicinabili". Vi è cioè un rapporto circolare tra questi due processi, ed è soprattutto su questo che ci preme porre l'accento.

I neurolettici sicuramente sedano questi pazienti, ma contemporaneamente, in un certo senso, li "abbrutiscono": essi diventano rigidi nella postura, stereotipati nei movimenti, presentano scialorrea, ecc.; per cui istintivamente si è portati a "prendere le distanze" dalla loro persona sia fisicamente che emotivamente, ad averne paura; il personale è più guardingo nei loro confronti perché ha imparato a temerne gli impulsi aggressivi, i quali a loro volta possono essere, paradossalmente, espressione della acatisia prodotta dal neurolettico.

Quando il paziente viene liberato dalla "maschera neurolettica" è meglio accettato, poiché la postura, la mimica, la motricità si fanno più spontanee, più naturali, più umane, quindi più prevedibili, e diviene egli stesso più disponibile verso l'ambiente.

Prende avvio così una sorta di "dialogo extraverbale" (riteniamo in larga parte inconscio) fra pazienti ed operatori che porta ad un miglioramento sia della relazione reciproca che, in definitiva, dell'atmosfera di reparto.


Conclusione

Ci sembra di poter concludere evidenziando che, di fronte a pazienti portatori di un Ritardo Mentale con associati disturbi comportamentali, debba venir presa in considerazione, nella diagnostica differenziale, la concomitante presenza di un Disturbo Organico di Personalità, inquadrabile con il DSM-III-R in Asse I.

Spesso, alla prima osservazione, può risultare difficile porre questa diagnosi; il trattamento con un farmaco non neurolettico, quale la Valpromide o l'Acido Valproico, fornisce, ex-juvantibus, un criterio diagnostico utile, ma soprattutto evita di esporre precocemente il paziente a farmaci neurolettici.

La posologia rivelatasi più efficace, nel nostro studio, è quella di 900 mg tid per la Valpromide; in assenza di risposta terapeutica a questo dosaggio abbiamo raggiunto i 1.800 mg tid senza registrare effetti collaterali, tranne una iniziale sedazione, ed ottenendo un modico risultato. Per il Valproato di sodio l'efficacia terapeutica si è raggiunta alla posologia di 900-1.500 mg tid, senza effetti indesiderati.


Riassunto

Attraverso lo studio di alcuni casi clinici gli autori suggeriscono di rivedere la diagnosi di "Turbe comportamentali in oligofrenico", sostituendola con quella di "Disturbo Organico di Personalità" secondo il DSM-III-R. Per il trattamento di tale disturbo, in alternativa ai classici neurolettici, propongono come terapia elettiva la Valpromide o l'Acido Valproico. Con tali farmaci gli autori hanno evidenziato una maggiore efficacia terapeutica (valutata con la scala VGF del DSM-ITI-R) e una tossicità del tutto irrilevante.


Summary

Throgh the study of some clinical cases the Authors suggest to revise the diagnosis of "Behavioral disorders in mental retard", changing it with "Organic Disorder of Personality", according to DSM-III-R. For treatment of such disorder, in alternative to the classic neuroleptics, thev propose the Valpromide or Valproic Acid. With such drugs the authors have showed a greater therapeutic efficacy (valued with the GAF scale of DSM-ITI R) and a quite insignificant toxicity.


Résumé

À la suite de l'étude de quelques cas cliniques, les auteurs proposent de réviser le diagnostic de "Troubles du comportament en arrière mental", en le remplant par celui de "Trouble Organique de Personnalité", selon le DSM-III-R. En ce qui concerne le traitement d'un tel trouble ils ont essayé, au lieu des neuroleptiques habituels, le Valpromide ou l'Acide Valproique. En utilisant ces médicaments, les auteurs ont mis en évidence une plus forte efficacité thérapeutique (évaluée avec l'échelle VGF du DSM-III-R) et une toxicité tout à fait insignifiant.


Bibliografia

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Giovanardi Rossi P., Martinelli P, Boschi M. - Osservazioni cliniche sugli ffetti della Dipropilacetamide nei disturbi del carattere e nelle nevrosi dell'età evolutiva. Neuropsichiatr. Inf., 143, 289-301, 1973.

Lambert P.A., Borselli S. et al., - Proprièté neuropsychotropes du Dépamide: action psychique chez les épileptiques et les malades présentant des troubles caractériels. Congrès de Psychiatrie et de Neurologie de Langue Française, session, 12-14/9/1966.

Lambert R. A., Venaud B. - Utilisation du Valpromide en thérapeutique psychiatrique. Encéphale, 12, 367-373, 1987.

Mazzeo A., Occhilupo A. - Trattamento con Pindololo dei disturbi comportamentali di cerebropatici. Rass. St. Psichiatr., vol. LXXXI, 525-528, 1992.

Mazzeo A., Occhilupo A. Pindololo e comportamento aggressivo: uno studio aperto. Rass. St. Psichiatr, vol. LXXXII, 107-112, 1993.


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