FONDATA DA ANTONIO D'ORMEADirettore: L. D'ARGENIOVol. LXXXII- Fasc. n. 1 - Anno 1993 - Pagine 107-112 |
Andrea Mazzeo* | Antonia Occhilupo* |
*Risp. Aiuto ed Assistente del 3º Rep. Uomini del P.O. Psichiatrico
"G.Libertini" di Lecce.
Il lavoro spetta agli autori in parti uguali.
Il pindololo è un farmaco ß-bloccante non cardioselettivo, dotato di attività simpaticomimetica intrinseca ed esercita, quindi, un parziale effetto agonista. Golightly (1982) in una rassegna sulla farmacologia e farmacocinetica del pindololo riporta una riduzione della concentrazione di catecolamine dovuta a probabili meccanismi centrali. È utilizzato in terapia prevalentemente nell'ipertensione arteriosa, nei disturbi del ritmo cardiaco e nell'angina pectoris mentre il suo uso in psichiatria è relativamente recente.
Greendyke e Kanter (1986) hanno trattato, in uno studio in doppio cieco, un gruppo di 11 pazienti con Disturbi del Comportarnenio associati ad un Disturbo Mentale Organico ottenendo un miglioraniento statisticamenie signiticativo nei soggetti trattati con pindololo rispetto al placebo. Essi riportano anche una minore incidenza di effetti secondari del pindololo rispetto al propranololo, anche ai dosaggi pieni e per lunghi periodi di tempo. Un'altra ricerca in doppio cieco è stata condotta da Greendyke e coll. (1989) su 13 pazienti cronici ospedalizzati che presentavano un analogo quadro clinico riconfermandone l'efficacia terapeutica. Gli AA concludono con l'affermazione che il pindololo agisce nel prevenire il comportamento violento e migliora la qualità della vita di pazienti affetti da tali disturbi. Jansen (1989) riporta inoltre il caso di un paziente con malattia di Alzheimer e comportamento ipersessuale migliorato con la somministrazione di pindololo.
Dal precedente studio da noi effettuato (Mazzeo e Occhilupo (1992) sull'impiego del pindololo in pazienti con ritardo mentale e turbe comportamentali emergeva la necessità di monitorare l'aggressività auto/eterodiretta dei soggetti in trattamento. Dalla disamina della letteratura affrontata abbiamo riscontrato però una discrepanza tra la vastità del problema e la scarsa e non soddisfacente diponibilità di una metodologia d'indagine dell'aggressività. Per la patologia grave di questi soggetti non occorre infatti un questionario come strumento di valutazione per ottenere un profilo del comportamento aggressivo. Si tratta di pazienti con ritardo mentale grave o gravissimo che non utilizzano, quindi, i comuni canali di comunicazione poiché il loro Q.I. è molto basso. È indispensabile allora individuare, tramite un approccio longitudinale con il paziente e l'osservazione quotidiana del comportamento, una scala che tenga conto del limiti funzionali del soggetto e che miriad esplorare i vari livelli delle valenze aggressive. Per ovviare a queste carenze metodologiche d'indagine abbiamo elaborato una scala analogica dell'aggressività.
La scala è stata costruita utilizzando una linea continua con punteggio da 0 a 10 così graduata: da 0 a 2,5 Aggressività Assente-Lieve, da 2,5 a 5,0 Aggressività Lieve-Moderata, da 5,0 a 7,5 Aggressività Moderata-Grave, da 7,5 a 10 Aggressività Grave-Gravissima.
Il punteggio viene assegnato secondo i seguenti criteri:A = Assente | nel mese precedente il paziente non ha presentato alcun episodio di aggressività autodiretta e/o eterodiretta. |
L = Lieve | nel mese precedente il paziente ha presentato un episodio di aggressività di gravità media (++) o più di un episodio di gravità minima (+). |
M = Moderata | nel mese precedente il paziente ha presentato un episodio di aggressività massima (+++) oppure sino a 4 episodi di gravità media (++). | G = Grave | nel mese precedente il paziente ha presentato sino a quattro episodi di gravità massima (+++) oppure più di 4 episodi e sino ad un massimo di 15 episodi di gravità media (++). |
GG = Gravissima | nel mese precedente il paziente ha presentato più di 15 episodi di aggressività di gravità media (++) e/o massima (+++) oppure meno di 15 episodi di gravità massima (+++). |
Minima = (+) | aggressività verbale, minaccia ma senza aggredire fisicamente gli altri pazienti o senza provocarsi lesioni. |
Media = (++) | aggressività fisica eterodiretta nei confronti delle persone e/o delle cose (es. picchia gli altri ricoverati, li spinge facendoli cadere, scaglia sedie, tira calci alle porte, ecc.). o autodiretta (es. si graffia, si tira pugni o schiaffi) ma senza conseguenze gravi. Si placa per l'intervento del personale del reparto, può richiedere blanda sedazione psicofarmacologica ma non contenzione fisica. |
Massima = (+++) | notevole aggressività eterodiretta (es. provoca lesioni agli altri ricoverati o al personale che intervlene) oppure autodiretta (es. sbatte la testa contro il muro o le suppellettili del reparto procurandosi lesioni). Richiede pronta sedazione psicofarmacologica e/o contenzione fisica. |
Per l'attuale ricerca sono stati selezionati tre soggetti cerebropatici di sesso maschile, celibi; l'età media è di 34 anni (range tra 32-37 anni); la durata media della istituzionalizzazione, dalla data dell'ultimo ricovero, è di 16 anni (range tra 9 22 anni).
La diagnosi formulata è: 1º caso Ritardo Mentale Gravissimo da asfissia neonatale con idrocefalo: 2º caso Ritardo Mentale Grave da trauma cranico intantile ed epilessia: 3º caso Ritardo Mentale Grave di natura congenita e sindrome extrapiramidale. Tutti e tre i pazienti presentano disturbi del comportamento di diversa entità con frequenti episodi di aggressività auto-eterodiretta
La valutazione della scala analogica dell'aggressività veniva eseguita al tempo 0 (basale), al tempo T1, T2, T3, rispettivamente dopo 30, 60, 90 giorni di terapia con pindololo. Lo studio è stato quindi condotto in un arco di tre mesi con rilevazione quotidiana degli episodi di aggressività tramite il registro delle consegne del personale infermieristico. Il registro infatti costituisce l'unico strumento diretto a nostra disposizione, oggetto di una valutazione dei comportamenti violenti sia nella frequenza sia nella gravità degli stessi.
La posologia del pindololo al T0 è stata nel 1º caso di 15 mg/die aumentata fino a 22,5 mg/die nel corso del primo mese di trattamento, al T1 veniva gradualmente aumentata fino a 45 mg/die, al T2 fino a 60 mg/die in tre somministrazioni.
Nel 2º caso il pindololo veniva somministrato alla dose di 7,5 mg/die al T0 e aumentato gradualmente fino a 40 mg/die in tre somministrazioni al T1 e T2.
Nel 3º caso il dosaggio iniziale di pindololo era di 15 mg/die aumentato gradualmente fino a 22,5 mg/die al T1 e a 40 mg/die al T2 in tre somministrazioni.
Abbiamo riportato nella Figura 1 i valori ottenuti dalla valutazione degli episodi di aggressività tramite la scala analogica da noi elaborata.
Dal gratico si evidenzia per i pazienti 2 e 3 un graduale miglioramento della patologia aggressiva, sino alla scomparsa di episodi violenti al T3. Il paziente n. 1 ha riportato al T1 e al T2 una relativa diminuzione dell'aggressività, ma al T3 il comportamento violento si è riacutizzato notevolmente. Trattasi di un paziente cerebropatico gravissimo resistente ai vari interventi psicofarmacologici (neurolettici, ansiotitici, antiepilettici). Durante la sperimentazione clinica con pindololo si è ottenuto soltanto per circa due mesi un relativo beneficio terapeutico. Attualmente abbiamo nuovamente fatto ricorso a farmaci sedativi. Negli altri due casi il miglioramento perdura tuttora tanto che i pazienti escono dal reparto, sono più accessibili al colloquio, meno oppositivi nei confronti del personale.
Dai dati ottenuti si può affermare che il pindololo si è dimostrato efficace nel ridurre gli episodi di aggressività in due dei tre pazienti considerati, durante il periodo di osservazione. Può quindi risultare utile la prescrizione farmacologica di pindololo in un programma riabilitativo teso a migliorare la qualità della vita di pazienti cerebropatici con turbe comportarnentali a lungo istituzionaliziati.
Gli autori hanno elaborato una scala dell'aggressività per la valutazione deIl'efficacia del pindololo in pazienti affetti da ritardo mentale grave o gravissimo con associati disturbi comportamentali. I risultati ottenuti dimostrano che il pindololo è efficace per la normalizzazione del comportamento impulsivo-aggressivo
The AA worked out an aggressivity scale to estimate pindolol's effectiveness in patients affected by severe organic brain disease with associated behavioral disorders. Results support the efficacy of pindolol to normalize impulsive-aggressive behaviour.
Les AA ont élaboré une échelle de l'agressivité, afin d'apprécier l'efficacité du pindolol lorsque'on administre des patiens atteints par un grave ou très grave retard mental, ayants aussi des troubles comportamentaux. Les résultats obtenus démontrent que le pindolol est efficace pourr atteindre la normalisation d'une conduite impulsive-agressive.
Golighty L.K. - Pindolol: a revue of its pharmacology, pharmacokinetics, clinical uses and adverse effects. Pharmacoth., 2, 3, 134-147, 1982.
Greendyke R.M., Kanter D.R. - Therapeutic effcts of Pindolol on behavioral disturbances associated with organic brain disease: a double-bind study. J. Clin. Psychiat., 47, 423-426, 1986
Greendyke R.M., Jonathan P. e coll. - Treatment of behavioral problems with pindolol. Psychosom., 30, 161-165, 1989.
Jensen C.F. - Hypersexual agitation in Alzheimer's disease. J. Amer. Geriat. Soc., 37, 917, 1989.
Mazzeo A., Occhilupo A. - Trattamento con pindololo dei disturbi comportamentali di cerebropatici. Rass. St. Psich. vol. LXXXI, 4, 525-528, 1992.