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Una lettera misteriosa. Un tuffo nel passato di una ragazza giovane di un paese dell’Est sotto dittatura comunista. Che cosa c’entra con due donne di successo che vivono una a Malta e l’altra sull’isola di Gozo? Quest’ultima, Zoe Štauberová, traduttrice e interprete ceca in carriera con radici italiane, proprietaria di un’agenzia linguistica a Roma, viene contattata da un avvocato romano per una strana questione. La proposta è di fare da interprete nel caso di una donna slava, una madre che avrebbe abbandonato i propri figli, a quanto pare a causa della filosofia dei mangiatori di sole che ha fatto propria, i cui seguaci vivono solo dell’energia solare.
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Con l’amica Larissa, psicoterapeuta di fama internazionale, prendono a cuore la storia dei bambini della signora scomparsa e quando entra in scena Vermicelli, padre dei bambini e cliente importante dell’avvocato che ha ingaggiato Zoe, le cose si collegano e la verità comincia a venire a galla.
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La lotta delle madri private dei figli sulla base di una perizia di parte, è un’autentica lotta femminista, come non ne vedevamo da molti anni.
Sono storie reali, crudeli e assurde. Storie, portate alla luce da giornaliste che da anni indagano sull’argomento, che avvengono quotidianamente in tutte le città, a ogni ora, di cui quasi nessuno sa, di cui quasi nessuno parla. È la Sindrome di Alienazione Parentale (Pas) ad accomunarle: una dinamica psicologica disfunzionale che porterebbe uno dei genitori, a seguito di una separazione coniugale, a manipolare il figlio minore, alienandolo da altri affetti e producendo odio e rancore verso l’altra figura genitoriale.
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È una teoria, però, che è definita quantomeno controversa e screditata dalla comunità scientifica internazionale, poiché si basa su diagnosi spesso inefficaci e arbitrarie, ma nonostante ciò, regna ancora sovrana nei tribunali italiani. Le modalità con cui i figli vengono allontanati dalle madri (ritenute le principali figure alienanti) danno la misura di quanto il benessere dei bambini sia l’ultima delle preoccupazioni di operatori e servizi sociali. Le madri, che sono spesso donne che hanno chiesto la separazione da uomini violenti, si vedono sottrarre i figli; bambini che vengono affidati a Case-famiglie o ad altre famiglie o a quei padri già denunciati o persino condannati per violenza famigliare, mentre la quasi totalità delle madri è giudicata idonea, non violenta, accudente, ma questo non basta e molte di loro rischiano di non rivedere per anni, o addirittura mai più, i loro figli. Le autrici sono madri, giornaliste, attiviste, femministe, che per le più svariate ragioni, personali o professionali, sono state coinvolte nelle storie di figli sottratti dallo Stato.
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"La legge dei padri" è la fedele narrazione di ciò che, spesso, accade dentro i tribunali quando una donna denuncia un partner per le violenze subite insieme ai propri figli, talora vittime anche di abusi sessuali incestuosi. La macchina infernale che si mette in moto e che Patric Jean descrive trattando casi giudiziari francesi, è identica a quella che agisce all'interno della giustizia italiana e conduce alla rivittimizzazione di donne e bambini. Quali sono i motivi e le radici di una giustizia così distorta? L'autore cerca di rispondere a questa domanda fornendo una ricostruzione storica, sociologica ed antropologica che svelerà quanto la pedocriminalità sia tutt'oggi potente e resistente.
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Un importante studio che, partendo dal sistema di leggi presenti, fa il punto sui danni psicologici, fisici ed esistenziali che la violenza vissuta realizza su donne e minorenni, per poi indagare un'ampia sfera di illegittimità, omissioni e abusi che, in sede giurisprudenziale, stanno a pregiudicare un corretto giudizio e, pertanto, determinano attraverso «violazioni del Diritto» una «violenza secondaria» e danni suppletivi spesso irreversibili per chi è già vittima di violenza. Il testo pone l'accento sulla inammissibilità dell'utilizzo di strumenti ideologici ascientifici assunti tout court in alternativa a quanto disposto dai codici di procedura e sulla illegittimità di formule autoreferenziali che deresponsabilizzano i giudicanti dalla revisione del giudizio, pur in presenza di evidenti - sul piano logico e del diritto - errori giudiziari e «doli eventuali».
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Lo scritto focalizza poi l'attenzione sul costo individuale e sociale che si ha in presenza di provvedimenti giudiziali superficialmente redatti e illegittimi, assunti in ambito penale quanto civile, e del significato che tali errori hanno nel concorrere all'affermazione di una cultura del non diritto, dell'oggettivazione dei minorenni e delle donne più disagiate, all'immagine di una «giustizia inadeguata e ingiusta». L'autrice conclude puntualizzando la necessità e urgenza che il legislatore possa finalmente incentrare il suo scopo anche nella realizzazione di un piano strutturale di leggi a garanzia sostanziale del Diritto medesimo che, prescindendo dagli interessi lobbistici, mirino a restringere sempre più il campo dei liberi arbitri e abusi del Diritto. Ciò in stretto rapporto con il disposto e la giurisprudenza UE.
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"Le donne mentono sempre". "Le donne strumentalizzano le denunce di violenza per ottenere benefici". "Se l'è cercata". "Le donne usano il sesso per fare carriera". "Ma tu com'eri vestita?". Questi sono solo alcuni dei pregiudizi che la nostra società ha interiorizzato. Pregiudizi volti a neutralizzare la donna e a perpetuare una sudditanza e una discriminazione di genere in ogni settore, soprattutto in quello giuridico, che è il settore determinante perché tutto possa rimanere come è sempre stato. Viviamo immersi in questi pregiudizi. Ogni nostro gesto, parola, azione deriva da un'impostazione acquisita per tradizione, storia, cultura, e neanche i giudici ne sono privi.
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Con la sua attività di magistrato, Paola Di Nicola ha deciso di affrontare il problema dalle aule del tribunale, ovvero dal luogo in cui dovrebbe regnare la verità e invece troppo spesso regna lo stereotipo. Se impariamo a guardare il mondo con lenti di genere, si apriranno nuovi spiragli, nuovi colori e nuove strade, e allora impareremo che una civiltà senza violenza può esistere, che l'armonia fa parte di noi, che uomini e donne possono stare l'uno al fianco dell'altra con amore e valore, che il nostro modo di parlare può essere più limpido, pulito e chiaro, che il silenzio dei complici si chiama omertà ed è un muro che va abbattuto.
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Ogni volta che una donna viene uccisa per mano di un uomo si aggiorna il contatore delle morti da relazione, ci si indigna ma poi ci si rassegna. Nelle testate giornalistiche la notizia scivola sempre più in basso. Eppure i femminicidi sono tragedie assolutamente evitabili. Le convenzioni e le leggi, in Europa e in Italia, ci sono. Le politiche pensate per creare un diverso approccio culturale nei confronti del rispetto del genere femminile anche. Si tratta allora di lavorare sulla cultura, di applicare gli istituti, di fare i processi in maniera intelligente, di lavorare con un approccio multidisciplinare sul caso, di formare tutti gli operatori che vengono a contatto con una donna vittima di violenza.
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Laddove si presenti una situazione conflittuale in cui il minore denunci uno dei genitori (generalmente il padre) per abusi e violenze, i sostenitori della PAS ricorrono a questa teoria per ribaltare le accuse. La PAS, infatti, negando la realtà dell'alta incidenza di violenza domestica maschile, riconduce le accuse e il disagio sofferto dal minore ad un vero e proprio lavaggio del cervello programmato dalla madre per screditare l'altro genitore ed ottenere la custodia esclusiva. L'effetto intimidatorio che produce la sola menzione della PAS nella giustizia fa sì che alcuni professionisti la utilizzino per risolvere le controversie legate all'affidamenti, mettendo a tacere la voce di molte donne, bambini e bambine.
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La comparsa della PAS in qualsiasi conflitto giudiziario riconduce ogni accusa all'alienazione paterna e trasforma automaticamente le vittime in carnefici.
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"Nel sociale, nei tribunali, ho visto bambini trattati come pacchi postali: spostati, messi, lasciati, chiusi, minacciati, senza un ascolto, una comunicazione, una informazione, un minimo accoglimento, senza alcuna vera partecipazione alle decisioni che li riguardano, a onta di normativa internazionale e dati di seri studi scientifici. Trattati con violenza, con una violenza che è palesemente e drammaticamente violenza ma viene considerata atto educativo, per il loro 'migliore interesse'. Bambini come sacchi di iuta, pieni di niente, resettabili, cambiabili, spostabili, secondo le esigenze dell'adulto di turno. Senza la minima considerazione della loro opinione, senza che sia dato alcun peso alle loro parole.
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Alla loro affettività, alla loro paura. Niente! Fascicoli con timbri, firme e protocolli! E tutto nel loro supremo interesse."
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dalla prefazione Rompere il silenzio sul tabù della violenza ai bambini, alle donne, alle madri. Un libro di denuncia, scomodo, unico nel suo genere. Con uno stile giornalistico, ma con un rigore scientifico, l’autore, dopo una ricostruzione storica di svelamento dei modelli adultocentrici, nella seconda parte dell’opera ricostruisce l’azione sociale e culturale di una nutrita schiera di intellettuali favorevoli alla pedofilia. Infine affronta il tema del “negazionismo” criticando i “cattivi maestri” che hanno contribuito a diffondere una cattiva e falsa “scienza” (la Sindrome di Alienazione Parentale, PAS, la Sindrome del falso ricordo, le false denunce e molto altro) contro i diritti dei bambini e delle donne.
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RAGIONI NEGATORIE DELLA ESISTENZA SCIENTIFICA DI UNA SINDROME DELLA ALIENAZIONE PARENTALE E STRATEGIE PER IL CONTRASTO DELLA RELATIVA PERIZIA
di Andrea Mazzeo
Sommario1. La sindrome di alienazione genitoriale (PAS). 2. Le critiche alla PAS dal punto di vista medico. – 2.1. Definizione. – 2.2. Eziologia. – 2.3. Epidemiologia. – 2.4. Sintomatologia. – 2.5. Quadro clinico. – 2.6. Fattori prognostici. – 2.7. La terapia della PAS. 3. La situazione in Italia. 4. Le critiche alla PAS della psichiatria e psicologia di lingua spagnola.
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5. Le critiche alla PAS del mondo giuridico nordamericano. 6. Le perizie e le CTU – casi concreti e modalità di contrasto.
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ALIENAZIONE PARENTALE E PROBLEMA RELAZIONALE: LE NUOVE DENOMINAZIONI DELLA P.A.S. (SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE)
di Andrea Mazzeo
Sommario1. Una necessaria premessa. 2. Le nuove denominazioni della PAS. - 2.1. La sindrome di alienazione genitoriale (PAS). - 2.2. L'alienazione parentale. - 2.3. Il problema relazionale genitore-bambino. - 2.4. Il Disturbo da comportamento relazionale parentale alienante. 3. Le critiche alle CTU. - 3.1. L'amnesia infantile. - 3.2. I falsi ricordi. - 3.3 La Sindrome di Münchausen per procura.
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- 3.4. Sindrome della madre malevola. - 3.5 Il rischio evolutivo 4. Conclusioni.
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IL PROBLEMA DELLA COSIDDETTA ALIENAZIONE PARENTALE: BREVE RICOGNIZIONE STORICA E ANALISI DELLA SITUAZIONE ATTUALE
di Andrea Mazzeo
Sommario1. Breve ricognizione storica.- 1.1 Alienazione parentale e sindrome di alienazione genitoriale (PAS). - 1.2 La disinformazione sulla PAS. - 1.3 Le associazioni di padri separati. - 1.4 La questione delle false accuse. 2. La Carta di Noto. - 2.1 L'amnesia infantile. - 2.2 La suggestionabilità infantile. - 2.3 Il disturbo da stress post-traumatico.
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2.4 I test di svelamento della menzogna (lie detector). 3. Violenza in famiglia o mera conflittualità? - 3.1 La Convenzione di Istanbul. - 3.2 La pedagogia nera. 4. Conclusione.
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Una svolta storica che può cambiare il percorso giudiziario e genitoriale di molte famiglie ed evitare che padri o madri vengano ingiustamente accusati di comportamenti patologici nei confronti dei figli, con affermazioni e decisioni che possono essere molto dannose per il futuro di tanti bambini.
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Luigi Cancrini, psichiatra e psicanalista di fama internazionale, presidente del Centro studi di terapia familiare e relazionale, non ha dubbi al riguardo: «Non faccio fatica a dire che la presunta Sindrome da alienazione parentale ha generato quella che può essere definita a tutti gli effetti una forma di violenza sui minori che toglie loro qualsiasi dignità di persona pensante».
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Dai CTU delle separazioni e affidi dei minori, ma anche da molti assistenti sociali, viene dato questo nome a un fatto che si osserva in alcune separazioni, il rifiuto da parte dei figli di frequentare uno dei genitori, di solito il padre; ... sono separazioni che fanno seguito a un periodo più o meno lungo di violenza in famiglia, violenza del marito verso la moglie e i figli, violenza assistita nei confronti dei figli o di abusi sessuali del padre sui figli.
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LA PAS DAL PUNTO DI VISTA PSICHIATRICO
di Andrea Mazzeo
Che dire? Che chi l'ha introdotta in Italia fosse all'oscuro delle polemiche statunitensi? Difficile da credere. Lo dimostra anche la protervia dei sostenitori della PAS nell'affermare che sarebbe stata compresa nella quinta edizione del DSM. Il DSM-5 è stato pubblicato, negli USA nel 2013 e in Italia nel 2014, e la PAS non vi è descritta, né come sindrome, né come disturbo, né come semplice alienazione parentale. Si sono rassegnati? Per nulla; il loro nume tutelare, William Bernet, è giunto ad affermare  che   anche   se   nel
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DSM-5 non sono scritte le parole “alienazione parentale” nelle sue pagine c'è lo spirito della parental alienation.
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Nel testo sono riportate alcune relazioni di consulenze tecniche di parte svolte negli anni scorsi e pareri tecnici, nei casi giudiziari in cui veniva diagnosticata la PAS, per confutare questo concetto antiscientifico. Perché la pubblicazione di questo materiale? La prima esigenza è quella informativa; sono ancora pochi coloro che conoscono l'orrore che devono affrontare le madri e i figli quando cercano di salvarsi dalla violenza in famiglia o addirittura dagli abusi sessuali, solo chi ci è passato lo sa. Poi per consentire, a chi sta vivendo l'orrore delle CTU, di trovare degli spunti per potersi meglio difendere dagli psicologi giuridici, ma anche dagli assistenti sociali, e contrastare le loro perverse teorie.
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Inoltre per evidenziare, se ancora ce ne fosse bisogno, il grave pregiudizio contro le madri da parte degli operatori psico-sociali ma anche giuridici, che domina e guida questi processi. Il quadro che emerge da queste vicende è desolante.
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Dalla Introduzione di Paolo Perticari
Quella bambina parlò con molta precisione del trauma che aveva subito da parte dello zio. Un atto di esibizionismo violento, una forma di abuso sessuale. Raccontò le cose con franchezza in ogni dettaglio come una sequenza filmica, dichiarandosi " spaventata", " costretta", " sola". Raccontò poi della nonna che con la scusa di pettinarla le tirava i capelli. O le faceva pressione con la forza dei polpastrelli e con le unghie sulla testa fino a farle male. Parlò anche di un buco nero dove la nonna ha detto allo zio di buttarsi. ...
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Probabilmente il più importante libro, il più rilevante movimento del pensiero sui bambini, sulla violenza, sull'educazione, sul potere e sul male del XX secolo.
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Perché questo libro? Spesso mi è stata posta questa domanda e altrettante volte me la sono posta io stesso.
Nato da principio come relazione in un convegno, divenne poi un articolo pubblicato su una rivista del settore ed infine ampliato, arricchito e rivisto per prendere la forma del libro che avete tra le mani. La motivazione a scriverlo parte semplicemente da una forte spinta personale: la necessità di far luce sul modo errato, superficiale e deleterio con cui si parla di bambini ... È sostanzialmente una visione
"adultocentrica" del bambino, basata appunto sul vedere l’infanzia
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non, come ci si aspetterebbe, "con gli occhi di un bambino", ma con il filtro distorcente degli "occhi dell’adulto".
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Ne deriva un quadro pesantissimo: esiste un maltrattamento di genere, quasi inconsapevole poiché inquadrato nel sistema collettivo e culturale più ampio – fatto di tradizioni, convenzioni, pensieri ed emozioni, ma anche istituzioni e leggi – che in Italia tutt'ora avvolge l'area del diritto di famiglia. E ne emergono alcuni aspetti ancora poco identificati, come per esempio una sorta di omertà verso l'uomo maltrattante – si spera inconsapevole e quindi modificabile – che alberga anche tra le donne, nelle istituzioni sanitarie, socio-educative e addirittura giuridiche dedicate all’infanzia e alla famiglia.
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Il suo e gli altri racconti, registrati dai pm, sono riportati nel libro, atroce e intenso, "Abuso sessuale sui minori. Scenari dinamiche e testimonianze", edizioni Antigone, scritto dalla ricercatrice Giuliana Olzai, che ha vagliato tre anni di 180 processi e sentenze del tribunale di Roma, 196 imputati, il 77 per cento condannati per abusi su 185 bambine e 53 maschi. Tutti vittime di pedofili, soprattutto di parenti (29%), aggrediti da conoscenti e vicini di casa o, appunto, amici di famiglia (39%). Orchi che, nella metà dei casi, grazie ad attenuanti e meccanismi di legge, hanno avuto pene miti: «Due anni in media», spiega Olzai.
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«Inoltre, solo dal 2013 è previsto che dopo il verdetto non si avvicinino ai luoghi frequentati dai bambini e non lavorino a contatto con loro per almeno un anno; mentre questo divieto in Francia è perpetuo».
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Questa bizzarra teoria è stata oggetto di analisi negli USA sin dai primi anni '90 soprattutto a opera di giuristi (2), dato che il suo utilizzo nei Tribunali delle separazioni aveva creato non pochi problemi giudiziari, e anche perché la psichiatria ufficiale USA non se ne occupava più avendola già condannata come “pseudo-scienza” o “scienza spazzatura” (Paul Fink, Docente di Psichiatria alla Temple University di Philadelphia).
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LO PSICHIATRA «Storia svelata dalla telecamera ma purtroppo i casi sono molti»
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Paolo Crepet accusa anche il perito. «Bimbo portato via come il peggior criminale»
- «So per esperienza che per i tribunali girano apprendisti stregoni, falliti che non sapendo cosa fare diventano periti e combinano cose inimmaginabili. Ho visto follie, che loro chiamano perizie: una ha tolto il figlio alla madre perchè non aveva la tivu». - De Nicola ha riscontrato in Leonardo la sindrome di Pas. - «Eehhh? Cos'è?». - La sindrome da alienazione parentale. - «Mai sentita».
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Nella sostanza, la teoria della Pas è nata per difendere in tribunale ciò che non è difendibile altrimenti: la violenza in famiglia o addirittura gli abusi sessuali sul bambino. Il suo scopo è solo quello di far pendere la bilancia della giustizia dalla parte del genitore violento o abusante; l’alienazione parentale si porta dietro questo vizio d’origine.
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Le mutilazioni, lo sfruttamento e le persecuzioni sul piano fisico praticati un tempo sui bambini, nell'età moderna paiono sempre più essere stati soppiantati da forme di crudeltà psichica che inoltre si riusciva a mistificare mascherandola dietro il termine eufemistico di "educazione".
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Il mio studio è un tentativo di collegare la mente di un adulto, considerato pazzo, al comportamento del padre verso di lui quando era bambino. Non possiamo mai essere sicuri di che cosa sia accaduto realmente fra un genitore e un figlio. Sarebbe così anche se fossimo stati presenti, poiché possiamo sperimentare il comportamento dell'uno verso l’altro ma non il vissuto che uno ha dell'altro...Non mi occupo qui di eventi traumatici isolati che possono essere accaduti una o due volte nell’infanzia di Schreber, ma di modelli di avvenimenti che si verificarono periodicamente e che possono essere collegati a modelli di avvenimenti da lui vissuti ripetutamente durante la sua "malattia di nervi".
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La sera del 21 aprile 1896, davanti ai suoi colleghi della Società di psichiatria e neurologia di Vienna, Freud presentò una relazione intitolata "L'etiologia dell'isteria"...Il titolo della relazione fa riferimento alla nuova teoria di Freud secondo cui l'origine della nevrosi risiede in traumi sessuali precoci, che Freud chiama «scene sessuali infantili» o «rapporti sessuali nell'infanzia». Ciò verrà successivamente chiamato «teoria della seduzione» - vale a dire la convinzione che tali esperienze precoci fossero reali, non fantasie, e avessero un effetto dannoso e durevole sulla vita successiva dei bambini che le avevano subite. Freud usa varie parole per descrivere queste «scene sessuali infantili»: Vergewaltigung (stupro), Missbrauch (abuso), Verführung (seduzione), Angriff (attacco), Attentat (il termine francese per oltraggio), Agression (aggressione) e Traumen (traumi).
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Se il bambino rifiuta di vedere un genitore e manifesta paura, questa paura va ascoltata. ... Dopo la separazione, l’esercizio della responsabilità genitoriale è spesso lo strumento per mezzo del quale un uomo maltrattante può continuare a controllare e perseguitare le sue vittime, che sono tutti i membri della famiglia.
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Questo concetto della campagna denigratoria è molto pericoloso perché porta a sottovalutare la violenza in famiglia, salvo poi allargare la braccia e dire che certi delitti, quando accadono, erano imprevedibili. No, erano ampiamente prevedibili, i comportamenti di stalking, le persecuzioni, le molestie assillanti, presentano una escalation che porta inevitabilmente all’esito fatale; continuare a parlare, in televisione, nei media, di campagna denigratoria e di alienazione parentale significa incentivare certi crimini, lo si potrebbe considerare quasi un incoraggiamento dello stalking.
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Di nuovo, il movente è questo: a fronte ad un oltraggio al maschilismo patriarcale il cui orgoglio non deve essere macchiato, il bambino viene punito con la peggiore delle punizioni, il distacco da coloro che gli vogliono bene, per l’appunto la madre, la famiglia, la scuola, la squadra di calcio, la reclusione e, immagino, l’obbligo di terapia!
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"La Sindrome di Alienazione Parentale non è riconosciuta dalla letteratura scientifica di riferimento e non è inclusa né nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) né nell'ICD (International Classification of Diseases)" afferma il Presidente della SIP Giovanni Corsello. "La comunità scientifica si è già pronunciata contro l'uso improprio della PAS nelle sofferte e spesso laceranti controversie per l'affidamento dei figli" ... "Se i bambini soffrono per il divorzio dei genitori non devono essere etichettati con patologie, ma ascoltati, non obbligati ma aiutati. Se non vogliono vedere un genitore ci deve essere un motivo che va compreso", conclude Corsello.
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"Da tutto quanto sopra esposto è stato possibile ricavare che la cosiddetta PAS è priva di riconoscimenti ufficiali in assenza di evidenze scientifiche e non è codificata dai principali sistemi classificativi delle malattie DSM-IV e ICD-10, mancando allo stato attuale criteri diagnostici condivisi nell’ambito della comunità scientifica". Ringraziandola per la Sua collaborazione, La saluto cordialmente Coordinatore della Consulta deontologica nazionale Roberta Chersevani II Presidente Amedeo Bianco
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La PAS è un formidabile strumento intimidatorio contro le donne, e possibile viatico per lasciapassari a violenti e pedofili. Come tale la PAS è l’obiettivo principe di chi vorrebbe tornare agli ordinamenti ottocenteschi e si oppone dunque al diritto di famiglia attuale, in quanto ritenuto “troppo matriarcale”.
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What Is It That's Being Called "Parental Alienation Syndrome"? by Paula J. Caplan
When hearing about a psychiatric label for the first time, it is important for therapists and laypeople to try to discover the following: • who decided to call it a mental illness? • how it is defined? • what information supports the claims that the entity (a) exists, (b) is consistent with some reasonable definition of "mental illness", and (c) the use of the label is helpful more than harmful? These questions will be addressed with respect to Parental Alienation Syndrome. As a result of the Second Wave of the women's movement, many people who were sexually abused as children spoke out about it.
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Poco importano i fatti, oggettivi e dimostrabili: botte, maltrattamenti, urli, minacce, violenze, incuria, assenza da casa, tradimenti, amanti, relazioni, atteggiamenti sconvenienti, attacchi verbali, psichici, fisici verso le persone e verso le cose. Tutte cose di nessuna importanza: se il bambino rifiuta il padre ... il bambino e sua madre hanno la PAS! E questo è!
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Del resto, per qualsiasi operatore delle discipline psy, il solo fatto che questa sindrome non sia mai stata presa in considerazione dalle principali classificazioni scientifiche internazionali (DSM dell’APA e ICD dell’OMS), né, nonostante le pressioni, sia entrata nel recentissimo DSM-V dovrebbe essere sufficiente a diffidarne, senza bisogno di spendere ulteriori parole su di essa.
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A fronte della crisi del concetto stesso di famiglia e di atroci episodi di cronaca che hanno scosso i parametri del rapporto genitori-figli, Eva Cantarella è venuta interrogandosi – forte dei suoi strumenti di studiosa del diritto e della cultura antica – sulla storia di quel rapporto che, insieme alla dinamica degli affetti, porta inevitabilmente con sé tensioni, conflitti, e molto spesso violenza...Ecco allora che il conflitto, così presente nell'attuale agenda politica, si lascia leggere anche alle origini della nostra civiltà là dove i giovani entrano in rotta di collisione con la gerontocrazia. Secondo modalità e procedure che la lettura del mondo antico porta progressivamente alla luce.
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Quante volte leggiamo sui giornali che i disagi e i crimini tra le mura di casa derivano dalla crisi della famiglia, una crisi tutta moderna? Come se la famiglia fosse sempre stata un luogo di riparo, di protezione da una società ostile. Ma è davvero così?...a partire dai Sette re di Roma...il potere di vita e di morte dei padri sui figli è assoluto e l’uccisione del padre appartiene con impressionante frequenza alla realtà sociale di ogni famiglia romana...con una ricerca che guarda al passato per parlare del presente, mostra che le famiglie infelici non appartengono solo al nostro tempo. Da Cicerone a Ovidio, da Seneca a Giustiniano, racconta le norme che regolavano l'abbandono dei figli, la facoltà di venderli come schiavi o addirittura di ucciderli, evocando episodi di sconcertante violenza.
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